
Il direttore di una media agency ha pubblicato questo post utilizzando un incipit volutamente provocatorio per spiegare la filosofia della propria azienda… non è stata una scelta felice

L’obiettivo di Gordon Beattie era comunicare che i criteri base con cui selezionano il personale da inserire nel proprio organico sono esclusivamente il talento, l’esperienza e il valore aggiunto che i nuovi assunti possono dare.
Putroppo la decisione di usare un approccio forte, puntando su una frase ad effetto (Alla Beattie Communications non assumiamo neri, gay o cattolici) ha scatenato una bufera di reazioni indignate che l’hanno portato prima a dover chiedere scusa e poi a dimettersi.
Usare la provocazione per suscitare attenzione è una prassi coraggiosa nel mondo della comunicazione, basti pensare alle campagne con le fotografie di Oliviero Toscani o all’uso di titoli e contenuti a sfondo sessuale.
È stato questo l’errore di mr Beattie, confondere i social con i mezzi di comunicazione tradizionale.
Uno spot, una foto e un poster ben strutturati sarebbero forse anche stati premiati per l’audacia e per il coraggio di affrontare argomenti scomodi.
Anche di persona o in un video le stesse parole avrebbero avuto un effetto diverso se accompagante dal linguaggio del corpo e dal tono di voce adeguato. Nei social media no.
Un testo scritto è quello che è, un testo scritto. Ogni singola parola conta e ha il suo peso e chi lo legge lo interpreterà secondo la propria visione del mondo.
Quali sono stati gli errori principali ?
A mio avviso Gordon Beattie ha:
- Dimenticato che nei social il messaggio è personale
- Sottovalutato l’umore generale del momento in cui questi temi sono molto divisivi e incendiari
- Trascurato il fatto che la maggior parte della gente, on-line, tende a leggere solo le prime righe
- Scordato (o ignorato) che il testo viene inoltrato, catturato dagli aggregatori di siti e mostrato fuori dal contesto
- Usato solo parole senza un’immagine di accompagnamento
- Mancato di rileggerlo ad alta voce davanti allo specchio
Ovviamente lui si è scusato ammettendo la superficialità nella scelta delle parole e spiegando il vero motivo di quel post, ma ormai il danno era fatto.
Un post che va spiegato non è un post ben fatto.
Questo dimostra come sia importante e fondamentale confrontarsi con professionisti della comunicazione digitale, i social sono un mondo diverso con le proprie regole e trappole ben nascoste.
Cosa avrei consigliato a Mr Beattie se mi avesse consultato per questo post?
Avrei messo l’obiettivo al primo posto, usando la frase che ha scritto nel suo messaggio di scuse.
I have always hired people based on their potential, talent and ability, and done my best to equip them with the skills to succeed
(Ho sempre assunto persone in base al loro potenziale, talento e capacità e ho fatto del mio meglio per fornire loro le competenze per avere successo)
E se invece avesse insistito per mantenere un incipit di quel tipo, avrei evitato parole forti e avrei usato come spunto la seconda frase “A noi della Beattie Communication non importa la razza, il sesso o la religione”
Ma soprattutto gli avrei detto di mettere una bella foto che lo ritrae insieme al gruppo (multietnico) di collaboratori, perché le immagini aiutano sempre a far comprendere meglio le parole.
Conclusioni
Il post era tutto sommato un buon post, purtroppo rovinato da una discutibile scelta di incipit.
Mi resta però il dubbio di come un uomo che ha creato dal nulla una delle più grosse agenzie di comunicazione sia potuto scivolare così. E se fosse stato tutto accuratamente pianificato per annunciare il suo ritiro dando visibilità alla propria agenzia?
Beh se anche fosse stato, non è stata comunque una bella mossa.
Ha sicuramente ha aumentato la brand awareness, ma per me si è giocato pesantemente la brand reputation oltre al posto di lavoro.