
Aziende e professionisti oggi sanno che è importante avere una presenza attiva in rete e sui social per assicurarsi un futuro, quello che manca ancora a molti è la consapevolezza di essere entrati nel villaggio globale, dove ogni mossa (o non mossa) è sotto il costante scrutinio di milioni di persone.
Il passaparola che nella vita reale determina il successo o l’insuccesso di attività, servizi e professioni, in rete viene ingigantito esponenzialmente. Qualunque persona armata di tastiera o telefonino può sputare la propria sentenza più o meno vera, più o meno motivata, più o meno ascoltata. Il metro di giudizio e valutazione su aziende, marchi, prodotti o servizi si è sbilanciato pesantemente verso commenti, recensioni e asettici voti. Prima della caratteristiche o della descrizione viene letto cosa ne pensano gli altri, e un eventuale giudizio negativo condiziona il seguito dell’interazione sul profilo o sul sito.
“La reputazione è un’imposizione vana e molto falsa, spesso ottenuta senza merito e persa senza colpa.”
La tempesta può arrivare all’improvviso, una notizia, un’incidente, una critica inopportuna. Può essere un semplice temporale una piccola tempesta o un ciclone che spazza via tutto.
Chi resiste? Quelli che hanno costruito la propria reputazione su solide fondamenta puntellate metodicamente nel tempo.
Perché la Volkswagen è uscita quasi indenne dallo scandalo del dieselgate? Certo la sua reputazione è stata intaccata, la “perfezione tedesca” è stata messa in discussione, le multe hanno inciso sul fatturato. Ma la gente continua a comprare le auto e gli investitori a finanziare l’azienda. Questo perché negli anni si è costruita una solida reputazione e ha potuto assorbire il colpo.
Immaginiamo se fosse successo ad un produttore di auto cinese appena entrato nel mercato europeo. Uno scandalo del genere o soltanto il sospetto (magari infondato) l’avrebbe travolto senza appello.
Impedire lo tsunami reputazionale è impossibile, gestirlo in maniera efficace sì.
È complicato calcolare numericamente la propria reputazione. Indicatori e assesment esistono per grossi marchi e grosse aziende. Quando però se si tratta di piccole imprese e professionisti l’indicatore unico è la percezione del proprio pubblico.
Ascoltare e capire il proprio uditorio, i clienti veri e potenziali è fondamentale per garantire un futuro alla propria attività.
La rete e i social sono la nuova piazza dove si generano le opinioni, dove nascono le tendenze, dove si muove la concorrenza, in pratica, dove si crea la reputazione.
Un sito non aggiornato, una risposta non data, una presenza passiva di pura reazione contribuiscono ad indebolire la propria reputazione online e di conseguenza offline.
Bisogna trasmettere i propri valori.
Il pubblico deve sapere qual è il livello di competenza ed esperienza di un’azienda nel proprio settore, quali valori etici e sociali guidano le scelte operative, quale livelli di cura e attenzione vengono riservati ai clienti.
Deve saperlo subito, prima di un eventuale tsunami, deve essere educato a valutare in maniera e corretta ed efficace, deve imparare a conoscere e “fidarsi” dell’azienda.
La reputazione non è il fatturato e nemmeno la popolarità.
La reputazione in rete la si costruisce gradualmente comunicando i propri valori e la propria “particolarità”, un esercizio costante e regolare per irrobustire la propria presenza e farsi venire le “spalle larghe” per resistere e assorbire eventuali colpi inferti dalla rete.
Una strategia di comunicazione social efficace, oltre ad aumentare il valore e la percezione del brand, contribuisce a creare una solida reputazione.